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Vaisakhi, la festa dei sikh (India)
Il 14 aprile è la festa di Vaisakhi, una festa sikh molto sentita
Leoni e principesse
La ricorrenza prende il nome dal mese del Vaisakh, che inizia solitamente il 13 o 14 aprile e segna l’inizio del raccolto oltre che il nuovo anno solare. In tale giorno i sikh (parola che significa “ discepolo ”) ricordano il battesimo dei “Panj Piare” (i cinque devoti) per mano del decimo e ultimo guru Gobind Singh, nel 1699: essi così presero il cognome “Singh” (leoni) e le donne diventarono “Kaur” (principesse). Da questi “Panj Piare” Gobind Singh si fece a sua volta battezzare; in questo modo nella nascente Khalsa, la comunità dei puri, il maestro era uguale al discepolo.
Il Vaisakhi in Italia
Come ogni anno, nel mese di aprile anche in Italia gli immigrati originari della regione indiana – oltre 70 mila – del Punjab festeggiano il Vaisakhi. Per conciliare i tempi del lavoro con quelli della festa, il Vaisakhi in Italia verrà celebrato questa domenica 19 aprile. Da Roma a Novellara, da Vicenza a Brescia, da Arezzo a Pordenone, momenti di riflessione con la lettura dei testi sacri, canti tipici, ma anche tanti “Nagar Kirtan” (i cortei per le strade, decorate di fiori) e pranzi tradizionali. Le Gurudware (“casa di Dio”, i templi sikh) si riempiono di fedeli fino all’inverosimile. Da una parte siedono le donne tutte vestite nel coloratissimo abito classico Punjab, il “salwar kameez”; dall’altra gli uomini, tra cui i “sardar”, i veri sikh con la barba e il turbante. La preghiera va avanti ininterrottamente per molte ore: è il tempo che richiede la lettura del testo sacro dei sikh, contenente gli scritti dei guru. Una volta conclusa la preghiera, viene dato spazio ai giovani artisti nel canto di salmo, accompagnati da tabla e harmonium. Intanto, fuori dal tempio viene servito il “langar”, il pasto vegetariano.
Il racconto di Charanjit
«L’anno scorso con le nostre famiglie siamo andati a Roma per festeggiare il Vaisakhi. C’erano migliaia di persone che sfilavano per le via della città. Dai camion, gli altoparlanti trasmettevano musica e discorsi. Gli uomini spargevano l’acqua per pulire le strade, per bagnare il cammino, a simboleggiare una sorta di purificazione, e subito dietro i Panj Piare, i 5 devoti preceduti dal portabandiera. Il Guru Granth Sahib, il nostro libro sacro, era posto su cuscini adagiati su un trono chiamato palkhi sahib. Il trono era rivestito di teli gialli e coperto di fiori bellissimi. Lungo il cammino abbiamo cantato i nostri inni sacri e suonato i tamburi (tabla), i sitar, la cimta (strumento metallico a percussione) e l’armonium».
Cosa sono le cinque “K”?
Tutti i Khalsa (i puri) portano le cinque “K”, i segni fisici della fede:
- kesh : i capelli lunghi, raccolti in un turbante
- kanga : il pettine di legno, segno di capelli raccolti in modo ordinato
- kaccha o kashera : la sottoveste
- kirpan : la spada cerimoniale, simbolo religioso di lotta contro l’ingiustizia, non un’arma
- kara : il braccialetto di ferro, simbolo della potenza di Dio