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Parole per pensare e definire
I bambini imparano la lingua giocando e facendo. Indicazioni operative e ludiche per l’acquisizione dell’italiano a partire dalle funzioni linguistiche. Dopo "La lingua batte dove il gioco vuole", e "Parole per raccontarsi, giocare, immaginare", ecco la 3a parte. Di Antonio Di Pietro.
Nei due articoli precedenti abbiamo visto come i bambini imparino la lingua attraverso le azioni e il “fare”. Vi abbiamo proposto attività e giochi a partire dalle principali funzioni linguistiche. In questa terza parte, ecco giochi e due brevi video per sviluppare la funzione interpersonale e quella metalinguistica.
Giochi per dialogare sui temi della vita – Funzione interpersonale
Ci sono giochi che ci mettono a contatto con alcuni temi della vita. Ad esempio, “Un due tre stella!”, “Regina reginella” e “Alle belle statuine” sono giochi dove è possibile vivere il tema del “comandare”. Un bambino ha il potere di far avanzare o far tornare indietro un compagno dopo aver detto “Un due tre stella!”, di invitare a fare tanti passi da giraffa in “Regina reginella”, di scegliere chi far vincere per un motivo del tutto soggettivo in “Alle belle statuine”.
In modo anche del tutto spontaneo, prima, durante o dopo il gioco fra i bambini può emergere un confronto intorno al tema di come si interpreta il “comandare”. Noi adulti possiamo facilitare questa riflessione (che può diventare filosofica) mettendo in dialogo i diversi punti di vista.
Ogni gioco racchiude alcuni elementi della commedia umana. Giochi come “Il ladro di mucche” possono diventare un'occasione per dialogare su “tematiche ad alto rischio di moralismo”. Durante questi momenti “ludosofici” è importante porre domande facendo attenzione a non portare i bambini a pensare ciò che l'adulto vorrebbe ascoltare. L'insegnante può cercare di alimentare il dibattito per rinforzare le competenze comunicative e per facilitare il dialogo anche fra chi la pensa diversamente.
Giochi per definire le parole – Funzione metalinguistica
Definire una parola è un gioco appassionante se fatto con leggerezza. Non è semplice spiegare il significato di un termine, ma può essere molto divertente provare a farlo insieme.
Possiamo azzardare a definire parole in lingua, appigliandoci all'effetto sonoro, alle somiglianze delle parole che conosciamo. Possiamo provare a definire le parole di tutti i giorni, come quelle relative alla tecnologia (telecomando, navigatore, tablet...).
Poi, creare insieme ai bambini un “Boccabolario”, ovvero una scatolina contenente diverse schede. In ognuna scriviamo la parola in stampatello maiuscolo, le diverse definizioni così come sono state dette dai bambini e la traduzione di questo termine in più lingue (con una particolare attenzione alle lingue madri che circolano nelle famiglie della scuola). Volendo si può aggiungere a ogni parola un corrispondente disegno fatto dai bambini, così possiamo avere un “Boccabolario illustrato”.
Accogliere l’attesa e il silenzio
“La lingua batte dove il gioco vuole”, non significa che proporre un gioco è come premere un pulsante che attiva specifiche competenze linguistiche. Un gioco può attivare contemporaneamente più funzioni linguistiche, ma può suscitare anche situazioni inaspettate come i momenti di silenzio di alcuni bambini.
Durante questo progetto, diverse volte il gioco sostava in un silenzio pieno di parole non dette. E la gestione del gruppo (seppur di metà sezione) non era semplice. Ma un gioco non è un esercizio. Se pensiamo a quando giocavamo da bambini, i giochi avevano tempi molto dilatati. Mille discorsi prima di scegliere dove e a cosa giocare, qualche minuto di gioco e altri mille discorsi su cos'era successo nel gioco. Ho cercato di proporre i giochi con questo atteggiamento, quello di non voler fare il gioco, ma di giocare una situazione a partire da alcune regole da adattare alla situazione.
Tanto tempo abbiamo passato a parlare prima di iniziare a giocare, tanto a discutere durante un gioco, molto altro a riflettere dopo averlo terminato. Durante i nostri incontri a scuola, spesso siamo stati in attesa di qualche parola sussurrata, detta in modo non sempre chiaro, ma anche mai espressa.
Accogliere l'attesa fa parte del gioco. Del resto l'educazione è anche attesa. L'attesa di imparare nuove cose, l'attesa di crescere, l'attesa di trovare le parole giuste.
Durante questi itinerari ludici in riferimento alle funzioni linguistiche ho proposto quello che i bambini hanno definito “giochi chiacchieroni”. E fra una chiacchiera e l'altra, fra un gioco e l'altro, un insegnante mi ha riportato un aneddoto di vita: «Da bambina Nonno Aldo raccontava storie ai nipoti davanti al camino. E alla fine diceva sempre: questa storia vola via attraverso il fuoco e il fumo del camino. Le parole escono dal camino mescolate al fuoco per farle sapere a tutti... per tirar fuori anche quei pensieri che stanno sulla punta della lingua!».
Leggi anche la prima parte "La lingua batte dove il gioco vuole" , e la seconda parte "Parole per raccontarsi, giocare, immaginare" .
Per saperne di più
Si segnala la video-documentazione “Giochi e intercultura” (all'interno del progetto “Conoscersi... per stare bene insieme” del Comune di Prato) pubblicato da Giunti Scuola
a questo link
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