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Le scelte della mia scuola multiculturale – Le emozioni di Yamil
Secondo giorno di scuola per la 1D. In classe arriva dal Marocco Yamil, un bambino vivace e diretto, che si fa prendere spesso dalla rabbia... Aspettando il convegno "A scuola nessuno è straniero".
Joan Miró,
La Translunaire
, 1974. Fonte immagine:
Farsetti Arte
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In occasione del convegno A scuola nessuno è straniero. La scuola multiculturale nel tempo delle scelte (18 marzo, Padova) abbiamo chiesto ad alcuni amici di "Sesamo" (insegnanti, educatori, dirigenti scolastici) di raccontarci una delle scelte che la scuola multiculturale si trova a fare ogni giorno. Oggi diamo voce a Annalisa Soda e Adele Balducci, insegnanti di scuola primaria, IC 1 San Lazzaro di Savena.
Aggiungi un posto a tavol... ahhhhhhhh!
1^D, secondo giorno di scuola: la mia collega ed io veniamo avvisate dalla dirigente che un nuovo alunno arriverà tra pochi minuti in classe. La mamma, originaria del Marocco e con una situazione familiare complessa, si è da poco stabilita nella nostra città. Siamo in due: una di noi si occupa della mamma e del bambino e l'altra prepara il gruppo classe. Decidiamo di accogliere Yamil con una canzone che conosciamo tutti: “Aggiungi un posto a tavola”. Improvvisiamo e ci dispiace: il giorno prima avevamo svolto belle attività di accoglienza per gli altri alunni. Ma l’arrivo di Yamil non era previsto.
I bambini, divertiti e incuriositi, sono alle prese con la nuova esperienza della scuola primaria. Il tempo di ripassare la canzone ed ecco il nuovo compagno: arriva urlando, tenendo ben stretta la mano di sua madre. La signora cerca di spiegargli che poi tornerà a casa e, in caso di bisogno, suo fratello maggiore si trova nella classe quarta al piano di sopra.
Noi maestre lo prendiamo per mano e diciamo i nostri nomi, anche i bambini si presentano; Yamil si calma un pochino e prende posto. È un uccellino che ha lasciato il suo nido e sta cercando di capire come sopravvivere, da quale suo simile può trovare protezione.
Il bambino vulcano
Nei giorni successivi ci rimbocchiamo le maniche e cerchiamo di affrontare al meglio la situazione: dobbiamo fare delle ore in più per essere sempre in compresenza, non si può fare in altro modo. La dirigente convince una collega appena andata in pensione a supportarci per la prima settimana e lei – meraviglia di chi ama la scuola! – accetta.
Yamil parla la nostra lingua in modo comprensibile; a volte non vuole spiegare le sue ragioni e si chiude in se stesso, perde la calma e diventa una furia. Con i compagni è molto curioso e desideroso di fare amicizia: ne sceglie uno e non lo lascia più. Il “prescelto” prima si mostra contento per essere stato scelto, poi si sente soffocare e cerca di sfuggirgli, alla fine si ribella. Yamil si arrabbia e picchia: in un attimo l'amico si è trasformato in nemico da sconfiggere.
Durante le attività in classe il bambino apprende in fretta, ma se trova un ostacolo o non riesce a tenere il ritmo dei compagni va su tutte le furie e diventa violento. Niente e nessuno sembra riuscire ad addolcire il suo stato d'animo in queste situazioni. Non ci sono ultimatum, non ci sono segnali: all'improvviso il vulcano che ha dentro erutta, e la lava investe il gruppo. Solo più tardi si pente e piange disperato, non avrebbe voluto ma non è riuscito a controllarsi.
Un ponte tra scuola e famiglia
Chiediamo alla nostra dirigente l'aiuto di un mediatore o di un volontario che gli possa stare vicino nelle settimane successive, per gestire i suoi attacchi d'ira ed evitare che qualche compagno li debba subire, e per non vanificare tutto il lavoro di accoglienza e integrazione fin qui svolto.
Ci viene dato in aiuto un educatore, e anche qualche ora di insegnante di sostegno, ma presto decidiamo di rinunciare alla presenza di altri in classe: il turn-over di adulti che cercano di aiutarlo, ognuno a suo modo, lo confonde. Lui ha già deciso che gli adulti in classe devono essere solo due (le sue maestre); degli altri non ne vuole sapere.
I conflitti sono quotidiani, ogni giorno alla fine delle attività ci sediamo in cerchio per cercare di capire cosa è successo e come reagire alle difficoltà per costruire rapporti positivi; i bambini collaborano ed è evidente che hanno compreso la fragilità di Yamil; tuttavia non è facile per loro.
Il nostro impegno è principalmente quello di farlo integrare con il gruppo classe, nel rispetto di tutti; ci crediamo fortemente ed è per questo che alla prima assemblea con i genitori presentiamo il nostro alunno come una ricchezza per il gruppo classe, spieghiamo loro che la scuola è un micromondo dove tutti sono diversi ma devono saper convivere in modo pacifico, e dove ognuno tende la mano all'altro e offre quello che può.
I genitori degli altri alunni reagiscono con grande senso di responsabilità, cercano di coinvolgere il bambino e la sua mamma anche nelle attività extrascolastiche; e loro si fanno prendere per mano.
Con l'aiuto della dirigente, che sollecita i servizi sociali, affrontiamo anche i problemi economici e logistici della famiglia: la mamma trova un lavoro, si sistemano in una casa dignitosa e hanno anche dai servizi sociali l’aiuto di una babysitter che segue i due fratelli quando la mamma si assenta per il lavoro.
In cammino con Yamil
Abbiamo sicuramente raggiunto l'obiettivo di inserire Yamil nel gruppo classe, e non è affatto poco. I suoi risultati scolastici mostrano notevoli progressi anche se i tempi di esecuzione rimangono lenti, e anche questo lo rende nervoso. L'anno scolastico è scivolato via tra alti e bassi e ogni tanto avremmo voluto una tregua: abbiamo barcollato parecchio ma non abbiamo mai mollato.
Ora siamo in seconda, e possiamo fare un bilancio rispetto al clima che si è creato in classe, la relazione che Yamil ha istaurato con i pari. Ci sono giorni buoni e giorni meno buoni. Yamil è davvero un bambino in gamba, dal punto di vista degli apprendimenti non ha alcun tipo di problema, e ora che si esprime in modo adeguato riesce a parlare delle sue emozioni. Rimangono grossi problemi legati alla sua situazione familiare. Nell'ultimo colloquio la mamma ci ha raccontato che Yamil viene messo al corrente di tutte le problematiche come se fosse un adulto. Lo motiva come una diversità culturale nel modo rapportarsi con i bambini rispetto a quanto succede alle mamme italiane. Noi rispettiamo la diversità, ma sappiamo che il nostro ruolo è quello di fare gruppo…
I bambini della classe, i loro genitori, la nostra dirigente scolastica e noi insegnanti siamo diventati una squadra che ha sempre voglia di entrare in campo; siamo sicuri che questa è la strada giusta, anche se la più difficile.
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